Elsa Limonta su SHIATSU NEWS, ed. Federazione Italiana Shiatsu

I
l Tai Chi Chuan o Taiji Quan (letteralmente "box del polo supremo")
è una antichissima pratica cinese
legata ai principi delle medicina cinese
e del Taoismo.
Viene definita un'arte marziale interna,
poiché lo scopo principale delle sue
tecniche di respirazione e della concentrazione sui movimenti, è quello
di sviluppare e di far circolare liberamente il Chi, l'energia interna.
Quindi può essere vista come ginnastica salutare, sia in termini preventivi che terapeutici energetici, nonché
una meditazione dinamica.
Il Tai Chi Chuan ha tre radici: la filosofia taoista,  la medicina cinese,  le
arti marziali.
Farò in questo articolo alcune riflessioni sul rapporto fra il pensiero taoista e la pratica del TCC.
La saggezza che troviamo nei libri di
Lao-tzu, Chuang-tzu e Lieh-tzu è
intramontabile e, oggi più che mai
nel nostro mondo caotico, avido e
violento, può diventare un faro per
orientare le nostre vite disordinate e
ansiose verso l'armonia e la serenità.
Il Tao Te Ching di Lao-tzu inizia con
una affermazione di impredicabilità:
il  Tao di cui si può parlare non è
l'eterno Tao. L'eterno Tao non ha
nome. È quindi per l'uomo impensabile, inconoscibile. È il nulla divino,
come lo chiamano i mistici della
nostra tradizione. Eppure, come
molti mistici di ogni tempo e di ogni
cultura, anche questi antichi filosofi
cinesi hanno cercato, pur nei limiti
del linguaggio, di mostrarci quel
luogo di gioia e libertà, che nulla ha
a che vedere con esperienze straordinarie, esoteriche, ma che consiste
semplicemente in un modo di essere
nel mondo. Quel luogo è sempre lì,
nell'immediatezza e nella spontaneità del vivere, solo che noi non lo
vediamo, perché siamo sempre
altrove a rincorrere illusioni, come
l'affermazione del  nostro io e la difesa della nostra immagine.
L'eterno Tao quindi non lo si può
conoscere come si può conoscere
un oggetto. L'eterno Tao lo si è, lo si
vive: questa è per Chuang-tzu la
conoscenza suprema.
Per analogia posso dire che non si
può conoscere il  Tai Chi Chuan se
non praticandolo, vivendolo. Le cose
sul Tai Chi Chuan che si leggono nei
libri si capiscono solo dopo una pratica relativamente lunga.
Diverse sono le motivazioni iniziali
delle persone che si accostano al
TCC: motivi di salute per curare dei
disturbi presenti o per prevenire
diversi malanni che possono insorgere con l'età o a causa di uno stile
di vita poco salutare; bisogno di
muoversi un po' come in una ginnastica dolce, non violenta; desiderio di
rilassarsi; piacere della danza; ricershiatsu e... 11
Ts'ai Chi'h
The petals fall in the fountain,
The orange-coloured rose-leaves,
Their ochre clings to the stone.      
Petali cadono nella fontana,
Petali di rosa color arancio,
Il loro ocra si stringe alla pietra.
Ezra Pound
di Elsa Limonta
Il Tao non agisce, eppure tutto si compie
SHIATSUNEWSSECONDOTRIMESTREca di socialità; gioia di una pratica
all'aperto in mezzo alla natura;
meditazione in movimento. Ma chi
con pazienza e apertura mentale
continuerà a praticarlo andrà incontro a delle felici sorprese e ne trarrà
dei benefici inaspettati.
Il TCC è innanzitutto apertura. Tutti
i movimenti sono stati studiati per
permettere il massimo di apertura
del corpo affinché l'energia circoli
liberamente; ma questo è un discorso legato al taoismo alchemico e
alla medicina cinese che potremo
affrontare un'altra volta. Qui vorrei
invece parlare dell' apertura mentale, che pure è indispensabile per
progredire nel TCC e in generale
nella propria vita. Una mente aperta è una mente fresca, non condizionata, disponibile ad accogliere il
nuovo. "Non giudicare mai" ci
ammoniscono gli antichi filosofi
taoisti. Dare un giudizio è giungere
ad una conclusione e con la memoria il giudizio diventa poi  pregiudizio.
Solo una mente vuota e libera è in
sintonia col continuo cambiamento
della vita. Essere in presenza mentale, vivere con attenzione il presente, questa è la vera meditazione.
La pratica del TCC ci fa sperimentare l'importanza di essere sempre
presenti mentalmente a quello che
si sta facendo. Se altri pensieri
insorgono avvertiamo subito un
disequilibrio, una disarmonia.
Dentro noi e nel rapporto con gli
altri. È incredibile, ma dopo anni di
pratica, questa disarmonia la si
avverte anche se sopravviene negli
altri. Non è sufficiente che ogni individuo del gruppo conosca bene
tutta la concatenazione dei movimenti e che questi vengano eseguiti correttamente con lo stesso ritmo
insieme agli altri. Certamente questo è necessario. Ma la vera unità  e
l'energia del gruppo la si sente solo
quando ogni praticante è in presenza mentale.
"Chi conosce gli altri è intelligente,
chi conosce se stesso è illuminato"
leggiamo nel Tao Te Ching.
"Conosci te stesso" è l'invito che
filosofi e saggi di ogni tempo e cultura continuano a farci, proprio perché la conoscenza di sé non è così
scontata. Molte zone della nostra
psiche sono oscure e agiscono in
noi a nostra insaputa. Già Eraclito
pensava che: "Per quanto tu possa
camminare, e neppure percorrendo
intera la via, tu potresti mai trovare i
confini dell'anima: così profondo è il
suo logos." Si tratta quindi di una
ricerca, di un apprendimento e di
una scoperta che non finiscono
mai, anche perché noi cambiamo
continuamente nella nostra vita.
Praticando il TCC  impariamo a
conoscere meglio in nostro corpo e
attraverso il corpo i nostri blocchi
emotivi, il nostro carattere, il nostro
modo di reagire. Quando si riesce a
prendere consapevolezza di qualche conflitto interno che ci porta
ansia, oppure di qualche aspetto
del nostro carattere che ci fa soffrire nei rapporti con gli altri, il TCC
non li giudica, non si oppone ad
essi, ma li accoglie e con pazienza
e morbidezza, quasi inavvertitamente, li scioglie e li supera. Si arriva così ad un nuovo equilibrio personale più sereno, a un modo di
essere nel mondo  più adeguato.
Forse più importante dell'introspezione è la risposta dell'altro al
nostro comportamento che ci permette di conoscerci.  Il TCC prevede molti esercizi in coppia, (per
esempio la spinta con le mani)
durante i quali c'è uno scambio
energetico fra i due praticanti. L'uno
sente anche l'altro. Ci si manda
reciprocamente dei segnali volti a


(da finire)

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